Petronio Massimo nel 455 uccide l’imperatore d’occidente
Valentiniano III. Petronio è intenzionato a sposare la moglie dell’ucciso –
Eudossia. Minaccia di ucciderla se si rifiuta. Lei, per vendicare la morte del
marito e per sfuggire a tale violenza, implora il re dei Vandali Genserico per
salvarla.
Genserico non se lo fa dire due volte: salpa da Cartagine con le sue navi, risale il
Tevere, entra in Roma il 2 giugno del 455 dalla Porta Portuense (l’odierna
Porta Portese) e la saccheggia.
Papa Leone I, colui che si dice bloccò Attila nel 452 presso
Governolo, supplica Genserico affinché
non compia carneficine e non distrugga
la città. In effetti questa supplica viene accolta: ma la città venne depredata
di ogni bene. Carri stracolmi di oro, argento, bronzo e tutto quanto fosse di
valore veniva portato via, così racconta Gregorovius (ma chi era costui? Una volta
ne parlerò!) . Petronio Massimo in fuga venne raggiunto ed ucciso dai Romani
stessi.
Procopio ci racconta che Genserico occupò il palazzo
imperiale sul colle Palatino facendo prigioniera Eudossia e le sue figlie Eudocia
e Placidia. Saccheggiò anche il sancta sanctorum dei Romani: il tempio di Giove
Capitolino. Ma una delle sue navi, carica delle statue frutto dello scempio, in
navigazione verso Cartagine scomparve e non fu mai più ritrovata.
Il re dei Vandali, al suo ritorno a Cartagine portò via con sé Eudossia e figlie. Una di queste, Eudocia, addirittura sposò uno dei suoi figli. Alla fine, su richiesta dell’imperatore d’oriente, Placidia ed Eudossia furono portate a Costantinopoli.
Il re dei Vandali, al suo ritorno a Cartagine portò via con sé Eudossia e figlie. Una di queste, Eudocia, addirittura sposò uno dei suoi figli. Alla fine, su richiesta dell’imperatore d’oriente, Placidia ed Eudossia furono portate a Costantinopoli.
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