Cola di Rienzo |
I nobili speravano in Carlo d’Angiò, regnante nel sud della penisola, affinché ricostituisse la magnificenza dell’Urbe, in accordo con il papato. Il popolo desiderava nel ripristino del Senato, tentativo già fallito da Arnaldo da Brescia nell’XII secolo. Il fallimento di questa impresa fu dovuto all’intervento di Federico Barbarossa e dei Normanni, chiamati dal papa.
Arnaldo Da Brescia |
Appassionato dell'antichità, sapeva parlare e divenne ambasciatore del governo popolare di Roma presso Avignone. Nel 1344 tornò a Roma in qualità di notaio della Camera Apostolica per l’amministrazione delle finanze e l’osservanza delle competenze legislative e giudiziarie.
Subito iniziò una campagna mediatica ante litteram: fece dipingere alcuni affreschi per comunicare con il popolo:
Cola di Rienzo illustra un affresco Cola di Rienzo in Campidoglio |
- un mare tempestoso, con Roma vestita a lutto, minacciata da animali feroci (i baroni che allora governavano la città) e poi cani e porci a simboleggiare i loro tirapiedi. Il tutto corredato da cartigli come se fossero fumetti.
- poi un altro affresco con una gran fiamma ove bruciano i nobili, mentre una vecchia – cioè Roma – fugge. In un lato S. Paolo e S. Pietro implorano la salvezza della vecchia e una colomba che porge ad un uccellino un ramo di mortella (simile al mirto) da dare alla vecchia in segno di salvezza.
- mise la tavola bronzea della “lex de imperio Vespasiani” - con la quale il Senato dava a Vespasiano i poteri imperiali - al centro di un altro affresco che rappresentava anch'esso il Senato. Il significato: dovevano essere i Romani a conferire i poteri all’imperatore.
- limitare la violenza privata, con milizie rionali e guardie per garantire la sicurezza dei mercanti
- le risorse pubbliche dovevano andare a sostegno dei cittadini
- i baroni dovevano stabilire un nuovo rapporto con il popolo, impedendone la costruzione di fortezze, non dare ospitalità ai ladri ed ai malfattori, rendendo le strade sicure attraverso i loro uomini.
Stefano Colonna |
Seguì un periodo di tranquillità. I suoi ambasciatori veniva accolti con tutti gli onori. Ma Cola cadde in delirio, proclamandosi "cavaliere", attaccando i Colonna e gli Orsini. Si abbandonò al lusso, ma il popolo (e i nobili) lo esautorarono, confinandolo in Castel Sant’Angelo.
Travestito da frate, scappò. Si recò ad Avignone, allora era papa Innocenzo VI.
Uccisione di Cola di Rienzo |
Tornò a Roma nel settembre del 1353 assieme al cardinale di Spagna Egidio Albornoz. In trionfo, fu portato dal popolo in Campidoglio, ma fu delusione: Cola straparlava, era assetato di vendette contro chi l’aveva cacciato da Roma. Mise nuove tasse. Nell’ottobre del 1354 fu condotto in Campidoglio, tentò di difendersi, ma fu ucciso, linciato da quello stesso popolo che anni prima l’aveva osannato. Il suo corpo venne bruciato a Ripetta – nei pressi del Mausoleo di Augusto - e le sue ceneri disperse.
Nessun commento:
Posta un commento