Siamo nella prima metà del 1400. Stefano, colto e amante dell’antica Repubblica Romana, maturò il pensiero di ricostituire in Roma una nuova repubblica, destituendo i papi del loro potere temporale.
Nella sua vita ebbe molti incarichi di prestigio: capitano del popolo a Firenze, podestà a Bologna, a Siena ed a Orvieto, protetto da Martino V Colonna, il papa che risolse lo scisma di occidente, al termine del periodo avignonese.
Ritornò a Roma durante il pontificato di Eugenio IV. Alla morte del pontefice, Stefano iniziò ad arringare il popolo con i suoi discorsi contro il potere papale. Quindi fu eletto Niccolò V (il papa che spostò la sede pontificia dal Laterano al Vaticano). Anche questo papa lo prese a ben volere, dandogli incarichi di prestigio. Per evitare problemi con il popolo, il Porcari fu mandato a Bologna. Qui vigilava su di lui il cardinal Basilio Bessarione (a proposito, non perdetevi una visita alla cappella omonima, situata nella basilica dei SS. Apostoli in Roma). Ma riuscì a fuggire, facendo ritorno per l’ultima volta a Roma. Siamo nel dicembre del 1452.
Con alcuni (non pochi) congiurati vuole occupare Castel S. Angelo ed il Campidoglio, imprigionare il papa e instaurare una nuova repubblica romana. Il tutto era previsto per il 6 gennaio del 1453. Ma il papa, avvertito della fuga dal cardinale Bessarione, scopre il piano segreto. Elimina fisicamente i congiurati, lo scova e lo reclude nel castello. Fu processato ed impiccato il 9 gennaio, nell’indifferenza generale.
Una delle poche manifestazioni del fatto fu la pasquinata comparsa qualche giorno dopo la condanna:
" Da quando è Nicolò papa e assassino abbonda a Roma il sangue e scarso è il vino".
Il corpo non venne mai trovato, forse gettato nel Tevere, qualcuno dice sepolto anonimamente nella chiesa della Traspontina. Insomma, un altro Cola di Rienzo, ma meno fortunato.